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Un indice sintetico della mobilità, fatto in casa e alla portata di tutti, ma rappresentativo della situazione reale.

In tema di mobilità propongo un indice sintetico dell'efficienza del Trasporto pubblico (TP) che ho chiamato IMUS (Indice Mobilità Urbana Suburbana). Tale indice prende spunto dall'idea di offrire a tutti la possibilità di confrontare la mobilità nelle varie città dell'Europa e del mondo con dati facilmente accessibili e reperibili dal WEB, in particolare da Google Maps. In sostanza si basa sul tempo medio calcolato in minuti per percorrere un chilometro con i mezzi pubblici partendo dalla stazione ferroviaria centrale in direzione di quattro destinazioni scelte in corrispondenza delle quattro direzioni cardinali poste in un raggio di 14-20 km. I dati dei tempi di percorrenza e delle distanze vengono forniti da Google Maps prendendo in considerazione fra i tempi i valori medi delle varie soluzioni proposte mentre per le distanze si prendono quelle più brevi dei relativi percorsi a piedi. Più avanti darò degli esempi di calcolo e di confronto fra varie capitali europee.

Tale indice vuole essere anche una risposta ad un giornalismo e ad alcuni servizi pubblici televisivi che, pur pregevoli nei vari aspetti dell'informazione e dell'inchiesta, scontano però in tema di mobilità una prevalente visione autocentrica ancora radicata nei media. Prova ne è quel recente servizio di Presa diretta svolto su un'auto mirante a verificare tempi e fluidità del traffico in un percorso stradale romano, riservando al TP solo vaghi e approssimativi accenni: "Signora, da quant'è che aspetta il bus?".

Del resto non c'è da meravigliarsi più di tanto: fu proprio la stampa ed il glorioso giornalismo italiano che a partire dalle olimpiadi del 60 e nel corso dei successivi anni contribuì significativamente allo smantellamento della rete tranviaria di Roma che agli inizi del secolo scorso era la seconda in Europa per estensione. Si doveva assolutamente, in nome e in omaggio alla crescente motorizzazione, far spazio alle auto ed il tram era di ostacolo.

La mobilità pubblica è invece oltre che un diritto fondamentale dei cittadini in un paese civile è anche e soprattutto un fattore di sviluppo sostenibile perché in stretta relazione con l'economia, l'ambiente, la salute e la vivibilità. Il recente rapporto Pendolaria 2016 ci consegna lo stato di un paese fortemente arretrato e disastrato sul piano infrastrutturale delle ferrovie regionali e urbane con un vistoso gap nell'efficienza e qualità dei servizi ferroviari nei confronti degli altri paesi europei. Insostenibile lo squilibrio modale tra il ferro e la gomma tutto a favore di quest'ultima ed il fatto che si continui ad investire in strade ed autostrade mentre per le ferrovie ed il TP mancano sempre i finanziamenti. "Dobbiamo puntare a raddoppiare i pendolari che prendono i treni regionali e metropolitani ogni giorno. Arrivare a 10 milioni di persone al 2030 è una sfida alla portata del nostro paese e nell'interesse dei suoi cittadini con vantaggi non solo in termini ambientali, ma di attrattività delle nostre città e dei territori con ricadute positive sull'occupazione e sul turismo" (Pendolaria 2016).

Comunque oggetto di questo blog è Roma, ma se la capitale è lo specchio di un paese allora l'Italia è messa davvero male e purtroppo si tratta del nostro paese.

Roma si salverà soltanto se una stessa visione di città apparterrà sia ai cittadini che ai suoi amministratori. Questa visione dovrà essere di una città a misura di pedone con percorsi pedonali accuratamente progettati e mantenuti che si integrano con un efficiente sistema di TP, le piste ciclabili saranno un desiderabile e opportuno complemento.

Se Roma come un pallone si sgonfierà nella sua pomposa, deleteria e pallonara costruzione di mobilità a misura di auto molti dei problemi lamentati connessi a questo modello si ridurranno e potranno risolversi più facilmente con il contributo dei cittadini. I cartelloni pubblicitari per esempio sono quasi sempre a misura di auto, da drive-in. Inutile la strategia di affannarsi a risolvere gli effetti se prima non si prova a rimuoverne le cause.

Ma dopo tante parole che comunque non aggiungono nulla di nuovo alle ben note e risapute situazioni di degrado e inefficienza ecco degli esempi di IMUS dai quali Roma, come largamente previsto, non ne esce bene.

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